Che, per chi
non lo sapesse (prima di questa vacanza il concetto per me era abbastanza vago!),
è la parte bassa della Spagna, calda, carnale, esagerata. È la terra dominata a
lungo dagli arabi e ripresa con le unghie e con i denti dai re cattolici, la
terra dei monti brulli e dei giardini freschi di alberi e fontane, di montagne
innevate a picco sul mare, delle processioni lugubri degli incappucciati, del
calore del flamenco, del sudore del torero.
La cosa che colpisce di più, arrivando qui, sono appunto i contrasti di ambienti e significati, le mescolanze di generi. E MALAGA mescola forse più di tutte le città andaluse.
C’è il
lungomare, verde e modernissimo, e parchi fitti e silenziosi incastonati tra il
traffico, c’è gente che corre e passeggia e ti fa sembrare facile e bello vivere
in un posto così.
Ci sono
stati i Romani, che hanno lasciato un teatro; gli Arabi, che hanno costruito Alcazaba
e moschee, e re cattolici che hanno trasformato le moschee in cattedrali. Qui è
nato Picasso. Qui è passato, più che altrove, inaspettato e sorprendente almeno
per me, il liberty, lasciando inferriate curve ed eleganti, larghe vetrate,
tetti in ghisa lavorata sui chioschi e sui palazzi. Sempre qui, ma meno che
altrove, c’è la ceramica, che spunta sfacciata e quasi indifferente della
propria bellezza negli angoli delle strade, nei gradini delle scalinate, nelle
mattonelle dei cortili.
Forse perché
era la prima tappa, forse perché era una giornata piena di sole, ma a noi
Malaga è piaciuta tantissimo.
* PICCOLO PRONTUARIO PER CAMPEGGIATORI
INERBA. Dentro le città spagnole trovare campeggi per il camper è un’impresa
titanica: la maggioranza sono sotterranei e se provi a entrarci ti porti via il
tettino e buona parte del mobilio interno; per cui devi spendere intere
mezz’ore a cercare un bordo-strada solitamente lontanissimo dal centro, in aree
di dubbia sicurezza ma di sufficiente larghezza per parcheggiare il mezzo. Senza
contare che nel frattempo ti si scongela il frigo e va a male la minestra per
il pupo.
Per cui alla fine, almeno per noi, la
soluzione migliore è stata lasciare il camper ai campeggi (che sono belli,
super attrezzati e ben collegati) e raggiungere le città in autobus.
Seconda
tappa: GRANADA. La città non c’è
piaciuta un granché (e sai che l’abbiamo vista tutta, dato che invece di
scendere alla fermata prevista siamo arrivati al capolinea del bus e ritorno…
per la serie “Turista fai-da-te? No
Alpitour? Aiaiaiaiaiiiiiii”) ma l’Alhambra, l’antica città dei sultani
arabi prima e dei re cattolici poi è uno spettacolo, un tripudio di merletti in
pietra, perfetto alternarsi di stanze chiuse e cortili aperti, luci e ombre,
vuoti e pieni. Sembra quasi di galleggiare in un mondo fantastico bianco e nero,
azzurro di cielo e verde di giardini e fontane. Per Valerio, la cosa più bella.
Per me quasi.
C’è da
andarci presto la mattina per (sperare di) prendere i biglietti per il
pomeriggio, ma lo spettacolo ripaga l’attesa. Nel frattempo si può girare nel
parco circostante, nelle parti dell’antica Medina non a pagamento o nel centro
storico giù in basso, dove si possono fare foto alle mura massicce, ballare
davanti a qualche suonatore freak (Tommaso lo ha fatto sempre!) o capire, finalmente, che “artesania” non è un marchio ma indica una bottega artigianale!
** COME TRASCINARE CON SUCCESSO UN BAMBINO
DI UN ANNO E MEZZO IN UNA VACANZA “CULTURALE”. La ricerca ossessiva di fontane,
canali d’irrigazione, fiumi e acqua in generale è stato il filo conduttore di
tutta la vacanza, insieme a una serie di attività improvvisate sul momento
quali abbracciare le colonne, bussare ai portoni, riconoscere figure di animali
in dipinti, statue e lapidi… Tendenzialmente (con la sola eccezione di due
libri e dei colori a cera) portare giochi e bolle di sapone si è rivelato
perfettamente inutile… a ulteriore riprova del fatto che i bambini, almeno a
quest’età, hanno bisogno quasi solo di inventiva, santa pazienza e nessuno
scrupolo a ricorrere a dosi massicce di gelato…
Dopo di che
siamo andati a CORDOBA.
Diciamo che
qui non sono partita bene. Perché mi aspettavo tanto dalla moschea-cattedrale e
invece sono rimasta delusa. Per farvi capire perché citerò un libro che ho
letto poco prima di andare in vacanza e che parlava appunto della cattedrale: “Con eclettica prontezza i costruttori
islamici presero dai bizantini l’idea dei mosaici, dagli egizi la sala a
colonne, dai visigoti l’arco a ferro di cavallo, dall’acquedotto romano di
Segovia gli archi sovrapposti e costruirono la moschea come un gigantesco
palmeto di pietra; ritmici allineamenti e fughe a perdita d’occhio, cadenzati
giochi di profondità, mutevoli e sempre esatte prospettive geometriche,
congeniali a un popolo che inventò l’algebra. Gli Arabi portarono colonne da
tutto il Mediterraneo, come faranno più tardi i veneziani per il loro San Marco;
di qualsiasi stile ed epoca, da Pompei, dalle chiese cristiane, dai palazzi
ellenistici; e se una colonna risultava troppo lunga per il loro bosco
pietrificato, facevano un buco nel pavimento; se troppo corta l’allungavano
sovrapponendo un capitello più alto o applicando alla base uno zoccolo, come
quando s’infila un pezzo di carta sotto la gamba di un tavolo che zoppica. (…)
Nel 1236 i cristiani, guidati da Ferdinando
il Santo, conquistarono la città. Era tale la fama della sua moschea, che ancor
prima della liberazione i pontefici avevano autorizzato il suo uso per il culto
cristiano. (…) La moschea per quasi tre secoli fu sostanzialmente rispettata.
Finché si arrivò al fatale 1523, quando l’autorità ecclesiastica deliberò di
abbattere una settantina di colonne, per inserirvi una chiesa di 53 metri per
15. Uno stupro assurdo. Una pugnalata architettonica nel cuore della moschea.
Se ne accorse troppo tardi lo stesso imperatore, Carlo V, il quale passando tre
anni dopo per Cordova e vedendo il frutto della devastazione a cui aveva dato
il suo augusto consenso, confidò ai canonici: «Se avessi saputo quello che
avevate intenzione di fare, non l’avreste certo fatto, perché quello che voi
fate là, lo si può trovare dappertutto, e ciò che avevate prima non esiste in
alcuna parte del mondo».”
Pensandola
esattamente così, capirete che l’inizio non sia stato dei migliori.
Ma poi la
città ci si è aperta davanti, coi suoi quartieri pittoreschi, il ponte romano, le
piazzette intimamente racchiuse dagli aranci e i bellissimi giardini
dell’Alcàzar de los reyes cristianos. Con la scoperta poi dei quadri di Julio
Romero de Torres (coi contorni neri del liberty e le atmosfere dense e calde
dell’impressionismo spagnolo), la giornata si è risollevata. Se poi
consideriamo che ho trovato un negozio di ceramica fa-vo-lo-so (che Valerio
aveva opportunamente tentato di nascondere al primo passaggio) capirete come,
la sera, io sia andata a dormire piuttosto soddisfatta.
E finalmente SIVIGLIA.
Finalmente
perché qui c’è la Plaza de España, per me la cosa più bella di tutte. Uno di
quei posti dove vorrei stare pomeriggi interi a disegnare, passeggiare,
studiarmi la storia delle province spagnole nei bellissimi pannelli in ceramica
che la circondano, guardarmi intorno seduta su uno dei magnifici ponti, coi
gradini caldi di cotto e le balaustre modellate in morbida ed elegante
ceramica. Un posto pieno di calore e di poesia, perfettamente progettato in
ogni dettaglio da un architetto geniale (Annibale Gonzàlez n.d.r.) per l’Esposizione Iberoamericana del 1929. Credo che
abbiate capito che la ceramica è uno dei miei punti deboli. E capirete quindi
che quando vedo intere balaustre e addirittura i lampioni, in ceramica tornita
e decorata bianca e blu, vado letteralmente fuori di testa. Del tipo “salvatevi voi, non pensate a me…”
Ovviamente a
Siviglia non c’è solo quella. La Cattedrale gotica è bellissima, con la pietra
a nudo e senza stuccose applicazioni in gesso e oro, proprio come piace a me. Cito
di nuovo il mio libro pre-vacanza: “Per
descrivere ammodo questo sterminato edificio bisognerebbe avere sottomano una
raccolta di tutti gli aggettivi più sperticati e di tutte le più strampalate
similitudini che uscirono dalla penna degli iperboleggiatori di tutti i paesi,
ogni volta che ebbero a dipingere qualcosa di prodigiosamente alto, di
mostruosamente largo, di spaventosamente profondo, d’incredibilmente grandioso…
Parlare della cattedrale di Siviglia stanca, come suonare un grosso strumento a
fiato, o sostenere una conversazione da una sponda all’altra d’un torrente
rumoroso”. Premetto questo, prima di dire che le cattedrali spagnole ci hanno
lasciato un po’ perplessi: lo spazio della navata centrale, che normalmente è
aperto e lascia scorrere lo sguardo di chi entra fino all’altare e ancora più
su, attraverso le vetrate direttamente al Padrenostro, qui è interrotto da
muri, da una specie di stanza interna dove sono collocati altare e coro. E addio tutto l’effetto di altezza
vertiginosa, di tensione spirituale verso il cielo tipico del gotico. Comunque,
ripeto, è bellissima. E da sopra alla torre della Giralda, l’antico minareto della
precedente moschea, si vede tutta la città, opulenta e maestosa, pigramente
distesa lungo le rive del Guadalquivir.
E poi qui
c’è la Torre de Oro, giardini freschi e labirintici, un bellissimo mercatino
dell’artigianato (dove… ehm… ho comprato un’altra ceramica) e gli Alcazar
Reali: anche questi bellissimi palazzi con un piano terra arabo al 100% con
cortili, merletti di pietra, finestre e tagli di luce che interrompono il buio
delle stanze, e un primo piano puramente rinascimentale. I giardini sono stupendi e la visita è d’obbligo… anche se, dopo aver visto l’Alhambra, questi hanno
retto male il confronto.
L’ultima
tappa sono state le città di Jerez della Frontera e Ronda.
E qui è
stata veramente la sagra del turismo fai-da-tè. Innanzitutto perché avevamo un navigatore
anteguerra con mappe anteguerra e fare tutti quei chilometri fidandosi della
malfatta, confusa e fuorviante segnaletica spagnola è stata un’impresa epica.
E poi perché
siamo andati a JEREZ senza sapere cosa vedere, solo ricordando di averlo
sentito nominare in una guida che non avevamo portato… e le uniche attrazioni
turistiche del posto si sono rivelate inaccessibili (come le Scuderie reali,
chiuse perché domenica) o per noi poco godibili (come le famosissime cantine,
dato che io non bevo vino – non più! :-P – e Valerio, che comunque non è un gran
bevitore neanche lui, doveva guidare). Comunque ci siamo consolati, ognuno a
modo suo: Tommaso ha rincorso bolle di sapone giganti e imparato a camminare
pericolosamente in bilico sul bordo delle fontane, mentre noi ci siamo gustati
le tapas più buone di tutta la vacanza, presentate da dio in un ristorante
fichissimo che sfoggiava inaspettatamente prezzi dignitosi.
Da Jerez poi
a RONDA, che è bella, arroccata su una rupe e unita alla città nuova da tre
ponti ad altezze diverse, il che rende l’idea dell’abilità tecnica di chi li ha
costruiti: il più alto, al livello delle due città, costruito dai Romani,
quello di mezzo dagli Arabi e l’ultimo, più in basso e più corto, nei “secoli
bui” del medioevo. Anche qui c’è l’antico minareto e la cattedrale cattolica,
piazzette ombreggiate e la più antica arena spagnola. Qui il paesaggio cambia
ancora: non più colline brulle disseminate di olivi ordinati, non più l’immensa
pianura intorno a Siviglia, ma montagne aspre, rigogliosamente verdi, fredde. Unico,
enorme difetto: la città vecchia, piccola e incantevole, così facile da
chiudere al traffico semplicemente chiudendo i ponti d’accesso, era invece pericolosamente
invasa dalle automobili.
Qui finisce
il nostro primo viaggio spagnolo. In realtà c’è stata un’ultimissima tappa, al
mare, ma non ho foto da mostrare né particolari aneddoti da raccontare, se non
che sopravvalutare il clima della Spagna, pensandola tutta sole-calore-olè e
vado-al-mare-pure-d’aprile, è un grosso, grossissimo errore.
So che il
post è lunghissimo e spero non sia stato troppo noioso, ma avevo troppe parole
da raccontare, troppe immagini in testa e troppo entusiasmo per quella che è
stata, pure tra solenni litigate, stanchezza e momenti di sconforto da
automobilisti sperduti, una vacanza bellissima. E, lo dico a tutti i genitori
di bambini piccoli, magari spaventati come ero io di trascinarsi dietro pupo e
pannolini, biberon e minestrine (perché a noi, la sera, la minestrina non ce la
leva nessuno), preoccupati per lo sconvolgimento della routine quotidiana e il
viaggio in aereo… se po’ fa!!
p.s. Il
libro che ho citato quando ho parlo di Cordoba e Siviglia è Grandi peccatori, grandi cattedrali di Cesare Marchi, di cui
consiglio la lettura a chiunque s’interessa di arte, storia e vuole farlo
divertendosi.
bellissimo reportage! ti assicuro che l'entusiasmo si percepisce tutto!!!
RispondiEliminaahhhhhhhhhh! ho visto solo ora le ceramiche! da perderci la testa... ti capisco!!!
RispondiEliminavisto che ceramiche?!?! io le adoro... e lo sogno in Italia, un uso così disinvolto e diffuso, nelle case, nei cortili, nelle piazze... è una malattia, lo so, sono in cura per porre rimedio... :-)
EliminaQuesto resoconto così dettagliato,allegro e vivo lascia senza fiato ma con tanta voglia di provare e correre in andalusia.
RispondiEliminagrazie! ^____^
Niki
Francesca io mi riferivo alle ceramiche Enuso, le ho trovate bellissime.
RispondiEliminaVengo da un posto (Salerno e Costiera Amalfitana) dove la ceramica è ovunque, non proprio come in Spagna (e sì che sarebbe bello averne piazze decorate interamente), però è un materiale usato tantissimo per il decoro nelle case, nelle chiese, per le strade, per cui ci sono cresciuta in mezzo, si può dire. In una parola l'adoro.
si, avevo capito che ti riferivi alle ceramiche che ho comprato (anche l'altro negozio era bellissimo, ma purtroppo il sito presenta pochissime cose e vecchie... lì c'erano degli oggetti meravigliosi e un Don Chisciotte che mi è rimasto in un angolo della testa...)
EliminaSo che anche in italia, soprattutto al sud, ci sono paesi pieni di ceramica (quello in cui l'ho trovata più di tutti è Caltagirone, in Sicilia), ma una cosa come piazza di Spagna, progettata in modo che la ceramica fosse parte integrante del progetto originale, non l'ho mai vista... :-(
L'ANDALUSIA visitata molti anni orsono è secondo me proprio la SPAGNA come te la immagini: nacchere ovunque e quei vestitoni da flamenco a Siviglia nelle vetrine. Bellissima Cordoba. baci
RispondiEliminaè stato davvero bello seguirti in questo tuo viaggio. Mi piace anche molto l'impaginazione che hai fatto e....davvero, anche con bimbi picolissimi i viaggi si possono fare...
RispondiElimina:-) grazie... c'ho messo una settimana a fare 'sto post, tra impaginazione e disegni introduttivi alle città... :-)
EliminaWow, che viaggio Ragazzi! E grazie del bellissimo ed accurato racconto, corredato dalle ottime vignette! Siete stati bravissimi e temerari, ma diciamolo pure: Tommaso è stato super! Il mio Alessio col cavolo che avrebbe dormito dentro al mei-tai o sarebbe stato tranquillo con gelato e bolle...
RispondiEliminaBeh, aspettiamo che cresca un po', sono sicura che si calmerà e diventerà bravissimo anche lui!
A presto
Ciao Clara! Anche io pensavo che non ci avrebbe dormito, nel mei tai, del resto non lo usavamo da un anno, dato che lui ha camminato presto e non ci voleva stare e per noi pesava un po' troppo... ma dato che in Spagna lo facevamo camminare tutto il giorno, quando era il momento del pisolino pomeridiano, ci crollava proprio nel mei tai!!! Lo abbiamo usato solo per quello, altrimenti ha camminato da solo o lo abbiamo portato sulle spalle o (molto poco) in braccio...
EliminaNon so se in vacanza diventano più bravi o se magari abbiamo più pazienza e disponibilità noi (dato che dobbiamo fare solo quello)... comunque è un'esperienza fattibilissima!! :-)
Grazie al tuo racconto ho ripercorso tutte le tappe del nostro viaggio di nozze... Noi avevamo visitato Ronda al posto di Malaga, ma anche noi avevamo viaggiato in Aprile e in qualche modo in 3 anche noi (ero incinta di 6 settimane :-)). Quel profumo di fiori d'arancio mi è rimasto nel cuore! Bellissimo reportage! Grazie mille!
RispondiElimina:-) Grazie a te Marzia, della visita e dei complimenti! sono felice di averti fatto un po' rivivere il tuo viaggio!!
EliminaMa che bello! Chiamarlo 'post è assolutamente riduttivo, questo è un reportage, un vero e proprio articolo colmo di tutto: emozioni, consigli, informazioni e cultura.
RispondiEliminaMi hai fatto ricordare un'immagine esilarante di me ed il mio allora neo marito, incastrati col camper in una viuzza di Barcellona, le comari che ritiravano i panni stesi altrimenti noi glieli portavamo via, strusciando il camper sui muri da entrambe le parti...
E poi Claudia ed il suo primo compleanno, festeggiato in camper in Bretagna. I suoi orari rispettati, tanti giochi, le pappe, le nanne, il viaggiare di notte mentre lei dormiva, tutto perfettamente a sua misura, grazie al mitico camper!
Grazie Franci, bellissimo!
Dani
:-) anche noi siamo rimasti impantanati in un parcheggio condominiale con le macchine messe anche in verticale, da quanto erano fitte, mentre, secondo i calcoli, avremmo dovuto raggiungere l'autostrada... la prossima volta mi porto un navigatore ultimissimo modello in collegamento continuo con googlemaps!!!
Eliminacerto che ne avete fatti di viaggi in camper eh?!? noi era la prima esperienza ma abbiamo già deciso che lo rifaremo!
Splendido reportage, complimenti! Sono stata in Andalusia parecchi anni fa, il guaio era l'esserci andata in agosto, un caldo che definire infernale era poco!!! Siviglia è stata la città che mi è maggiormente piaciuta: Plaza de Espana è davvero meravigliosa, ma anche la cattedrale quanto a bellezza non scherza.
RispondiEliminagrazie marshall... e viva la Plaza de Espana!!! :-D
EliminaAccidenti, Fra, che invidia... vorrei tanto anche io!!!! va beh... mi accontenterò dell'Irlanda questa estate e vi farò anche io un reportage :-)
RispondiElimina